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Andrea Pisa

Argo Srl

argo

“In mezzo a tante storie di successo nate da un’idea innovativa, può sembrare curiosa la storia di due ragazzi che sono partiti per un’avventura basata su nessuna buona idea. ARGO, la nostra società, nasce nel 2014 un po’ come una startup: tanta precarietà, poca liquidità e il sogno di ottenere di più. Gli ingredienti dell’ennesima storia di giovani che ci provano con tenacia c’erano tutti, mancava solo l’idea brillante, la pensata fuori dagli schemi. Eppure eravamo assegnisti del Politecnico di Torino da alcuni anni, coinvolti in attività di laboratorio e facevamo ricerca. Col tempo, da semplici laureati abbiamo acquisito diverse competenze, da una parte nella rendicontazione e gestione dei progetti di ricerca, dall’altra nella ricerca applicata e nel trasferimento tecnologico. Ma nessuna idea dirompente. La scelta di aprire ARGO è maturata nello stesso ambiente dove molti giovani ricercatori italiani faticano ad emergere: pochi posti disponibili per la carriera accademica e prospettive di precariato eterno. La risposta evolutiva è normalmente duplice: o ci si inventa imprenditori per seguire lo sviluppo di un’idea maturata nel mondo della ricerca oppure si emigra all’estero dove alla stessa professione è garantita una dignità sociale decisamente superiore. Il mondo della ricerca italiana, però, non è solo una fossa di serpenti, come cantava Masini, ma è fatto anche di persone che sanno insegnare al di là del loro compito istituzionale; così è stato nel caso dei due professori responsabili delle nostre attività che ci hanno supportati nel fondare ARGO. Di cosa si occupa quindi questa società? In ARGO tentiamo la terza via evolutiva per i giovani ricercatori italiani. Sfruttiamo il portafoglio di competenze non comuni che il mondo universitario e i nostri tutor ci hanno insegnato in termini di flessibilità mentale, attitudine al problem solving e di cultura dell’innovazione per fare consulenza nelle aziende italiane.

Sono passati 4 anni ormai e un bilancio non è semplice da fare. Le soddisfazioni non sono mancate, abbiamo aiutato concretamente alcune aziende a migliorare i loro processi o a risolvere problemi endemici che ne rallentavano la produzione. Alcune idee che abbiamo proposto nei bandi di ricerca sono state valutate positivamente e siamo coinvolti in tante attività di ricerca industriale a braccetto con aziende e università. La realtà è che per ogni soddisfazione ci sono almeno 4 bocconi amari da digerire e non sempre è facile. Una società così piccola ma soprattutto così giovane viene vista con forte diffidenza dalle aziende italiane ed è davvero difficile farsi una clientela. Anche quando i risultati delle attività sono positivi per il cliente, quando il problema viene risolto, la percezione negativa fatica a scomparire. Ci sono aziende che non hanno applicato i nostri suggerimenti nonostante un’efficacia dimostrata, ostinandosi nelle vecchie soluzioni e continuando ad avere perdite anche grosse. Molteplici contatti con nuovi clienti sono stati interrotti improvvisamente prima ancora di fornire un preventivo o al momento del pagamento. La tentazione di cedere alla frustrazione e di abbandonare è forte in certe situazioni che ci paiono illogiche e la domanda principale che mi sarei fatto prima del 2014 è: perché lo fai? Perché continui? La risposta che mi viene più facile è: determinazione. Ma che gusto ha la determinazione? Probabilmente è un mix non ben definito di emozioni che fungono da spezie. Una miscela fatta di piacere per il lavoro che facciamo anche quando ce lo rendono impossibile, di convinzione ostinata di valere più di quanto non vogliano farci credere e di gusto per la sfida come in una gara in cui tu sei l’outsider e puoi solo che guadagnarci. Personalmente, posso anche dire che la spinta maggiore forse viene dalla crescita individuale. Quando mi guardo indietro, quando penso a cosa consideravo impossibile e fuori dalla mia portata solamente l’anno scorso e come adesso invece in quella paura mi ci tuffo, conscio della difficoltà ma convinto che posso giocarmela anche io. Insieme tentiamo il più possibile di restare lucidi e di non proiettare sull’esterno le cause degli insuccessi, anzi siamo convinti che spetta sempre e comunque a noi trovare la chiave per superare le avversità, anche quando vengono da fuori. Esagerando la metafora, possiamo dire che cerchiamo, come ogni vivente, di adattarci all’ambiente per sopravvivere senza domandarci più di tanto quanto questo sia crudele con noi. Crediamo che ogni attività intrapresa possa sempre essere fatta meglio della volta precedente e procediamo, iterazione dopo iterazione, finchè non raggiungiamo l’efficacia sperata.
Spero di non avere annoiato nessuno mostrando questa foto della nostra vita da giovani imprenditori. Ho scritto queste parole stranamente orgoglioso di mostrare la nostra fragilità quotidiana, durante il cammino e quando tutto è in bilico e incerto, piuttosto che nel consueto lieto fine delle storie di successo.”

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